Si lavora a un veicolo banca che possa detenere i crediti fiscali fino a quando l’impresa deve pagare le tasse
Si lavora per sbloccare i crediti del superbonus (Ansa)
Una società con licenza bancaria, nel cui capitale possano entrare banche ma anche altri investitori, per rilevare e crediti fiscali (non solo quelli legati a bonus edilizi) dalle imprese edili e poi rivenderli ad altre imprese, in questo caso industriali, che invece di pagare le tasse acquistino il credito fiscale per compensare le imposte. In questo modo l’impresa industriale potrebbe beneficiare di un margine di guadagno acquistando il credito a lieve sconto (l’1 o il 2% ai livelli attuali di mercato) a ridosso della scadenza per il pagamento delle imposte e avrebbe un abbattimento del cuneo fiscale. L’impresa edile avrebbe un interlocutore che rileva i crediti a prezzi più ragionevoli rispetto ai forti sconti richiesti oggi da chi compra (fino al 50%) perché il mercato è sostanzialmente illiquido.
Gli sconti sull’acquisto dei crediti fiscali arrivati fino al 50%
Quello della poca liquidità del mercato è un tema cruciale. Dal 2021 fino all’inizio del 2022 il sistema bancario ha applicato tassi molto convenienti alle imprese che cedevano crediti fiscali: da un credito del valore nominale di 105 euro si poteva avere liquidità per 105 euro generando per le imprese cedenti un surplus finanziario. La varie strette normativa introdotte a fine 2021 (in poco più di due anni la norma sul Superbonus ha subito 19 correttivi, 6 provvedimenti attuativi e 233 disposizioni dell’Agenzia delle entrate) hanno generato un forte inasprimento delle condizioni (anche se negli ultimi giorni la situazione sta migliorando): i pochi operatori ancora sul mercato nel 2023 acquistano crediti fiscali (per i pochi che ancora riuscivano a cederli) sono acquistano crediti del valore nominale di 110 euro a un prezzo di 80-90 euro, ma in alcuni casi soggetti operanti al di fuori dei circuiti ufficiali hanno applicato sconti superiori al 50%, provocando una pesante perdita per l’imprese che si trovava nelle necessità di cedere il bonus fiscale.
Il modello: società bancari e utility che fanno lo screening sulla qualità
Tornando al modello che si sta cercando di mettere in campo, esso prevede che tra la società e il veicolo ci sarebbero ulteriori soggetti: aziende che si occupano di efficienza energetica (le cosiddette Esco) che hanno la relazione con le imprese e possono operare come primo cessionario che certifica la qualità del credito, il quale deve essere certo, liquido ed esigibile. Ma le Esco sono anche soggetti che si relazionano con le imprese industriali interessate ad acquistare i crediti fiscali. Il ruolo di EnelX, che ha proposto questa iniziativa, non solo per smobilitare circa 40 miliardi di crediti fiscali edilizi incagliati ma anche per dare vita a uno strumento più strutturale, si colloca proprio qui.
«L’idea nasce dalla nostra esperienza sul campo – racconta Francesco Venturini, ceo di EnelX -. Il problema di fondo che la società bancaria dovrebbe risolvere è quello di poter detenere nel medio termine il credito fiscale senza la necessità di consolidarlo. Faccio l’esempio della nostra azienda: dal punto di vista fiscale avremmo la potenzialità di acquistare molti crediti, ma poi vedremmo aumentare il debito in modo importante e questo limiterebbe la capacità di investimento». Anche gli istituti di credito hanno i loro vincoli: non è chiaro come misurare il rischio di questi crediti fiscali, e dunque la necessità di ponderazione in termini di accantonamenti patrimoniali. Alcuni istituti li considerano a rischio zero, molti altri calcolano il rischio controparte, ma in quel caso devono condurre un’istruttoria del cedente e dunque limitare il loro raggio di azione ad aziende da loro finanziate.
Il ruolo di Artigiancassa come scatola bancaria
Indiscrezioni di stampa indicano come veicolo possibile Artgiancassa, controllata dal gruppo Bnl Bnp e partecipata da Confartigianato; in trattativa per acquistare una quota ci sarebbe già il gruppo di credito cooperativo Iccrea. «Non sono in grado di confermare questi rumors. Quello che posso dire è che la società bancaria non avrebbe il problema di ponderare i rischi se ha avrà definito in partenza chi sono i venditori dei crediti e quali saranno le aziende acquirenti, ovviamente avendo presenti le loro capacità di compensare nel tempo a livello fiscale quei crediti – chiosa Venturini -. Quando mi riferisco alla nostra esperienza intendo parlare proprio di questo aspetto. Come Enel, con il supporto di alcune banche, abbiamo già stipulato contratti per acquistare nel tempo, man mano che matura il nostro debito fiscale, crediti fiscali a compensazione, valutando la nostra capacità di pagare le imposte e anche tenendo conto dell’eventualità che per un anno i risultati economici, ad esempio, lo consentano in misura minore. Il sistema funziona. Il vantaggio, nell’ampliare la portata di questo meccanismo, è ad esempio nella possibilità di avvalersi delle Esco per raggiungere un elevato controllo sulla certezza del credito, perché il primo cessionario può guidare le imprese nella produzione della documentazione e nei processi di asseverazione». Da questo punto di vista il decreto superbonus introduce novità normative che consentono anche alle società quotate di condurre controlli antiriclaggio. «La società bancaria avrebbe il compito di reperire liquidità sul mercato a rendimenti contenuti e consentire l’acquisto dei crediti fiscali dalle imprese a prezzi fair», aggiunge Venturini.
Venturini: sistema che può consentire uscita ordinata dal Superbonus
Soggetti istituzionali come Cdp, che nei giorni scorsi ha confermato interesse, potrebbero sottoscrivere emissioni della società veicolo a costo contenuto, diventando nei fatti un benchmark per successive sottoscrizioni. «Enel potrebbe essere uno dei primi acquirenti dei crediti d’imposta. Negli anni scorsi ne abbiamo comprati per due miliardi – continua il manager -. Abbiamo una capacità fiscale stimata tra 2 e 4 miliardi all’anno, con un potenziale risparmio fiscale tra 20 e 80 milioni di euro l’anno». L’iniziativa, in realtà, è già in una fase avanzata e secondo le indiscrezioni potrebbe decollare già nel mese di giugno. «Questo meccanismo può consentire un’uscita ordinata dalla misura del Superbonus e di mettere ordine alla giungla degli incentivi. L’opportunità che, però, al contempo si apre è quella di rendere strutturale il sistema per tutti i tipi di crediti fiscali – spiega il manager -. Le faccio l’esempio del credito di imposta per il caro energia: nel 2022 abbiamo supportato molte imprese che non avevano capienza fiscale per utilizzarlo. Abbiamo comprato quei crediti a fronte di forniture di energia e siamo riusciti a far recuperare alle aziende più di 100 milioni. In futuro un’utility potrebbe vendere contratti di energia già inclusivi dei crediti di imposta».
Freni (Mef): iniziativa privata importante per risolvere il problemi degli incagli
Abbiamo raccolto il punto di vista esterno delle istituzioni sul progetto. «Ci sono molti aspetti che ci convincono e ci piacciono – commenta il sottosegretario del ministero per l’Economia, Federico Freni -. È una soluzione privata, che in nessun modo incide sul deficit e sul debito pubblico, non implica nessun sistema di coperture finanziarie da parte dello Stato. Inoltre dimostra che il sistema paese è in grado di attivarsi anche a prescindere dell’input politico, che è vivo e reattivo e in grado di risolvere i problemi. L’aspetto essenziale – e per il quale auspichiamo che abbia un grande successo – è che risolve un problema che sino ad oggi era stato impossibile risolvere: è cioè quello delle difficoltà create alle imprese dalla permanenza in bilancio del credito fiscale per tutto il tempo necessario a maturare lo sconto. Con il meccanismo, di cui abbiamo letto i dettagli su Il Sole 24 Ore, il credito non rimane nel bilancio di chi lo deve scontare. Esce per poi rientrarvi al momento della dichiarazione dei redditi. Direi che è un sistema di portage finanziario classico». Il sistema implica la necessità di trovare un veicolo bancario e poi finanziatori per il veicolo stesso.
«Questo sistema funzionerà nel momento in cui verrà individuato un veicolo di origine bancaria, perché per fare quest’attività è necessaria una licenza bancaria e da, quello che leggo, mi pare che il sistema bancario darà il contributo. Da quanto capisco, per mettere assieme il progetto ci vorrà un po’ di tempo e il nostro auspicio è che il veicolo sia partecipato, con un equity aperto e quindi con la possibilità di rilevare quote di capitale, dove chi vuole dare il suo contributo lo può fare. Poi si può essere coinvolti nell’operazione anche in altri modi: ad esempio vendendo crediti al veicolo, oppure partecipando al suo finanziamento. Noi auspichiamo che ci sia una risposta unitaria, anche se la concorrenza è benvenuta ed è sempre sana. Il valore aggiunto del progetto è la capacità di realizzare un match preciso tra crediti acquistati e crediti che possono essere venduti. Noi non riteniamo che questa debba essere una soluzione esclusiva, nel momento in cui le banche riaprono l’acquisti dei crediti a noi va benissimo che ci siano soluzioni concorrente. Per noi l’importante è risolvere il problema dell’incaglio dei crediti fiscali».
Dubbi sull’uso dei fondi del Pnrr, ma prospettive per la case green
Un ulteriore passaggio, in futuro quando il progetto sarà stato attivato, potrebbe consentire al veicolo-piattaforma dei crediti fiscali di rappresentare la soluzione ideale per impiegare in modo proficuo ai prestiti a tasso zero del Pnrr. Se ci fosse la possibilità di usare parte dei fondi per finanziare la società bancaria, si avrebbe il vantaggio di tenere ancora più basso lo spread legato alle transazioni sui crediti fiscali lasciando più margini alle imprese, sarebbe perseguito l’obiettivo dell’efficienza energetica e i soldi sarebbero impiegati in modo redditizio e poi sarebbero restituiti nell’arco di 5 o 10 anni di pari passo con la possibilità di recuperare il credito fiscale dallo Stato.
«Ho qualche dubbio sul fatto che i fondi del Pnrr possano finanziare questo progetto – osserva Freni -. Però questo veicolo può avere un futuro oltre la contingenza dell’incaglio. Mi riferiscono alla necessità di riqualificare un patrimonio edilizio importante in Italia, per cui non mi sento di escludere in assoluto che in prospettiva una soluzione simile possa essere utilizzata anche in altri contesti. È intelligente e flessibile: se, come ci auguriamo, andrà regime consentirà di risolvere il problema degli incagli ma non sarà l’unico impego utile. Penso alla direttiva sulle case green: a prescindere dall’intervento dello Stato e dall’eventuale sconto del credito che potrebbe o non potrebbe esserci, è certo che la riqualificazione della case in chiave green andrà trattata e affrontata, quindi avere una struttura di servizio come questa renderebbe la vita più facile a tanti o anche a tante iniziative private che proprio su questa falsariga vorranno dare supporto agli interventi di riqualificazione edilizia che ci saranno».